Dopo la decisione della Bce di abbassare di un modesto quarto di punto i tassi di interesse, nei giorni successivi la Fed statunitense ha deciso di lasciarli ancora una volta invariati. Due mosse ampiamente attese dagli analisti che prevedono tassi di interesse destinati a rimanere alti ancora a lungo. Anche se di un calo del costo del denaro e di un rilancio degli investimenti si avverte un forte bisogno in Europa, per uscire da una situazione di flebile ripresa economica. «La discesa dei tassi – come ha ribadito la presidente della Bce, Christine Lagarde, in un’intervista rilasciata in settimana al Sole 24 Ore – non è detto che sarà lineare». A beneficiarne saranno sicuramente le banche che potranno chiudere anche il 2024 con floridi bilanci, sulla scia degli utili record già archiviati nel 2023 soprattutto per la forte espansione del margine di interesse. E non solo.
L’ascesa dei tassi ha infatti consentito agli istituti di credito di conseguire cospicui guadagni dalla differenza tra il tasso medio applicato sui prestiti e quello medio riconosciuto sulla somme raccolte dai clienti. Il primo è risalito viaggiando a ritmo sostenuto, il secondo a velocità più che rallentata. Ma a far prosperare gli utili bancari ha contribuito anche l’articolo 118 del Testo unico bancario, inerente le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali, che negli ultimi anni è stato utilizzato a senso unico a favore delle banche. Quest’ultime, infatti, hanno prima apportano modifiche delle condizioni contrattuali peggiorative per i clienti, con l’opinabile giustificato motivo dei tassi negativi, non solo sugli interessi riconosciuti ai clienti ma anche su varie voci di spesa dei conti correnti, senza poi ripristinare le precedenti condizioni quando i tassi dal luglio 2022 hanno iniziato la risalita. Così gli istituti di credito continuano a incassare una maggiorazione dei costi che non ha più motivo di esistere. Per di più, diverse banche nei mesi scorsi hanno ulteriormente aumentato le spese a carico dei correntisti, adducendo il giustificato motivo dell’aumento dell’inflazione, che anche in questo caso – va ricordato – è in gran parte rientrato.
Finora è caduto quindi nel vuoto il monito di Banca d’Italia che il 15 febbraio 2023 ha comunicato che «con l’aumento dei tassi di interesse in corso, gli intermediari sono stati sollecitati a rivedere le condizioni in senso favorevole ai clienti». Ma per i correntisti c’è ancora un briciolo di speranza per veder ripristinare le originarie condizioni contrattuali a loro più favorevoli. Nella Relazione sull’attività svolta nel 2023, pubblicata il 31 maggio scorso, la Banca d’Italia segnala che tra gli accertamenti in corso, nell’ambito dei controlli sui comportamenti degli intermediari, ha «avviato contatti con 13 operatori per approfondire le iniziative adottate o previste in seguito alle indicazioni fornite al sistema dall’Istituto con la comunicazione di febbraio in materia di modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali motivate dall’andamento dei tassi di interesse e dell’inflazione». Sulla questione non è stata quindi ancora messa la parola fine.